top of page

Cos'è la "preoccupazione materna primaria"?

Da circa un anno e mezzo ho deciso di prendermi una gattina. Lo sanno tutti i miei amici poiché mi piace, e mi diverte, condividere sui social i momenti "memorabili" delle sue giornate: sonnecchiare, mangiare, irrompere beatamente sui miei libri e cose del genere.

La sua presenza, non avendo mai avuto altri animali nella vita di tutti i giorni, si è indubbiamente fatta sentire.

Tuttavia non l'ho capito subito. Non potevo.

Mi è servito un anno e mezzo per accorgermi quanto la sua presenza avesse modificato non solo le mie giornate ma i miei pensieri, le mie percezioni, i miei sensi.


Mi spiego meglio.


Qualche giorno fa ero in giro per lavoro, quando ad un certo punto ho sentito il suono gracchiante di un uccello, abbastanza forte. Il mio pensiero allora è andato inconsciamente a lei e alle corse folli che fa per scoprire da dove proviene il suono del volatile, ai salti super plastici che compie per acchiappare le zanzare e agli atterraggi che poi effettua, i quali oltre ad essere abbastanza goffi sono anche - e sopratutto - pericolosi.

Quel suono allora, mi ha fatto proprio girare il capo, quasi a cercare cosa stesse per fare il gatto, cosa potesse combinare sta volta, cosa che, ovviamente, era impossibile visto che era a sonnecchiare a casa e io in giro.



Ma non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa mi fosse successo, cosa fosse accaduto. Ho così pensato a Winnicott, uno psichiatra infantile, pediatra e psicoanalista inglese che parlò di come tutti i genitori e le figure di accudimento, all'inizio della vita di un bambino, vivano quella che definì "preoccupazione materna primaria": uno stato della mente di elevata sensibilità, quasi di malattia, utile, quanto necessaria, per poter comprendere cosa serve al bambino; uno condizione della mente che permette al genitore di "fare la cosa giusta al momento giusto".


Io, nel mio piccolo e pur trattandosi di un gatto, credo di aver vissuto una cosa simile, una preoccupazione che nasceva dal tentare di garantirle ancora quell'ambiente, prima di tutto, sicuro, e poi, stimolante i suoi sensi, la sua crescita e la sua curiosità.

Poi però ho pensato ancora a Winnicott e a quando dice che (a) non tutti i genitori riescono a "contrarre" questa sensibilità poiché sono presi da altro genere di preoccupazioni, che non permettono loro di "intercettare" questi bisogni tanto forti, così primari e complessi; e che (b) ci sono genitori che, per via delle preoccupazioni eccessive rivolte verso il neonato, non riescono più ad uscire da questo "stato" di sensibilità così intenso, così focale, rischiando una crisi avente a che fare coi ricordi e le modalità in cui si è stati accuditi, rassicurati ecc.


Bibliografia


Mangini E., Lezioni sul pensiero freudiano, Milano, Edizioni universitarie di lettere economia diritto, 2001

Mangini E., Lezioni sul pensiero post-freudiano, Milano, Edizioni universitarie di lettere economia diritto, 2003

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page